domenica 16 settembre 2007

Una lunga settimana...

Questa è stata una settimana lunga e faticosa, infatti non sono nemmeno riuscito a scrivere qualcosa qui.
Al lavoro ci sono un sacco di scadenze e sembra quasi mancare il tempo di fare tutto: tra riunioni con i fornitori, riunioni tecniche, tempo passato a correggere gli errori e i casini fatti dai consulenti esterni e relative incazzature...la giornata finiva (tardi) e avevo l'impressione di non aver concluso niente.
In questo marasma ci sono state due cose positive delle quali vorrei scrivere.
La prima è stata la serata di martedì, quando sono stato allo spettacolo di Benigni; la seconda, ieri, il matrimonio del mio amico Pietro, con il quale ho condiviso gli anni dell'università.
Lo spettacolo di Benigni è stato divertente e toccante allo stesso tempo, buffo e serio, classico e, contemporaneamente, mai banale e sempre fantasioso.
Ha cominciato con un monologo riguardante l'attualità. D'altra parte si trovava alla festa de l'Unità e non poteva esimersi dal fare un po' di satira politica. Sarò di parte, ma mi pare che riesca sempre a non essere mai eccessivo e scorretto, visto che si prende beffe praticamente di tutti, da Berlusconi a Calderoli, a Storace, a Mastella, a D'Alema.
La seconda parte dello spettacolo, invece, è il cuore del tour che sta facendo in questi mesi e riguarda la sua amata Divina Commedia; prima una spiegazione, coinvolgente e allegra, del quinto Canto (per intenderci, quello famoso di Paolo e Francesca) e poi la lettura, tutta d'un fiato, dello stesso Canto, dall'inizio alla fine, in un'atmosfera surreale, con tutto il palazzetto oscurato e una luce rossastra puntata su di lui.
A scuola non ho mai letto granché la Divina Commedia, anche perché non ho fatto degli studi classici. Il vedere, prima in tv e ora dal vivo, un comico, che ha sempre fatto satira o comunque ruoli assolutamente buffi, leggere le rime di Dante con quella passione e quel trasporto, mi ha davvero toccato.
Non credo sarebbe una buona idea perdermi nello scrivere impressioni e sentimenti provati durante la rappresentazione, sia perché sarebbero molto difficili da spiegare a chi non avesse presente il contesto, sia perché questo genere di sensazioni sono difficili da razionalizzare.
Ovviamente quando esci dallo spettacolo avresti subito voglia di andarti a leggere anche tutto il resto, però capisci che non sarebbe la stessa cosa, e l'approccio da usare, eventualmente dovrebbe essere un altro.
La cosa, invece, che ho portato a casa, per quanto anche questa sia una di quelle sensazioni complicate a cui mi riferivo prima, è l'aver capito, una volta di più, quanto sia importante quell'Amor che move il sole e l'altre stelle, pur non sapendo ancor bene di cosa si tratti esattamente.
Del matrimonio di Pietro scriverò un'altra volta, anche se ho la sensazione che pure esso possa essere legato a quanto ho appena detto.

sabato 8 settembre 2007

Andare per andare (Premiata Forneria Marconi, Ulisse - 1997)

Qualunque sia la verità, è il grande giorno ormai
c'é una via nelle mie mani, non mi tradirà
c'é un mondo che mi attira già in questa azzurrità
io non so se il pazzo sono io
o sei tu che rimani qua

Raccontano che le stelle già parlano di noi
e che l'anima mia vicine così non le ha viste mai

Andare per andare via, all'origine di noi
dove gli astri tramontano e non c'é gravità
Andare per andare via, non è solo una pazzia
se io chiedo di vivere all'uomo che c'è in me

Sarà dove sarà, ma ci sarà
se questa fantasia é la veritá
Segui l'onda... Segui l'onda...
Segui l'onda... Segui l'onda...

Qualunque sia la verità, vado a vedere ormai
al di là dell'orizzonte mio cosa mai
mi disseterà
lunari armonie nel calice blu dell'immensità
che disegnano vie, dolcissima possibilità

Andare per andare via, io non cerco una città
ma il confronto di un'anima con la sua libertà
Andare per andare, andare per andare via
dove non ti perdi mai
e si ostinano a vivere i grandi sogni miei

martedì 4 settembre 2007

Grido d'angoscia

Sono tormentato. Si sono scatenate mille domande, che mettono in discussione la mia vita e il mio modo di pensare, alle quali non so dare risposta.
E' incominciato stasera, quando, poco prima che uscissi dall'ufficio, un collega ha riferito di una riunione alla quale ha partecipato e la cosa che più mi ha colpito del suo racconto è l'arroganza, la prevaricazione e l'ingiustizia con cui molte persone trattano gli altri.
Nello scrivere queste righe avevo iniziato con l'esporre esempi su esempi, riguardanti molti aspetti della vita, ma mi sono reso conto che chiunque prova, o ha provato, sensazioni simili, probabilmente più volte. Così ho cancellato quell'inizio prolisso.
Ammettiamo anche che, con tali stati d'animo, si sia pessimisti oltre misura, ma non si può negare che l'ingiustizia, ad opera degli esseri umani, sia presente in larga misura, così come lo sia stata durante tutta la storia dell'umanità. E' anche facile stabilire che l'ingiustizia, seppur con espressioni diverse e in ambiti diversi, non sia né aumentata né diminuita, da quando l'essere umano ha mosso i primi passi.
Mi è venuto da pensare che sia connaturata nella natura umana, per quanto qualche individuo, con alterne fortune, abbia cercato di rimuoverla.
Con angoscia, allora, mi domando: quale via d'uscita c'è di fronte al male e all'ingiustizia, se vengono da dentro l'uomo? E' così un inferno l'esistenza?
La prima considerazione è dunque che, per quanto si possano modificare gli usi, le leggi e le società, per dare una risposta significativa al problema del male occorra modificare l'animo umano.
Ciò potrebbe essere fatto attraverso dei sistemi di pensiero, delle filosofie, delle religioni. Ve ne sono stati vari esempi nella nostra storia...
Cercando di affrontare il problema in maniera globale, potrei pensare che molte di queste filosofie e religioni potessero o possano modificare l'essere e l'agire.
Esse sono però tali che sia il singolo individuo a poter cambiare, ed esso poi possa sollecitare gli altri ad abbracciare gli stessi principi. La realtà ci insegna che, fino ad ora, non ci sono mai state filosofie e religioni che abbiano unito tutta l'umanità, anzi alcune di queste si pongono in netto contrasto con le altre, aumentando a volte l'ostilità.
Si potrebbe anche dire che nemmeno un valore sia o sia stato condiviso da tutta l'umanità insieme, pur nella diversità di pensiero.
Nemmeno uomini (e donne) di immensa statura sono riusciti a far accogliere un determinato messaggio in maniera universale: Gesù, Maometto, Buddha, Kant, Gandhi, Madre Teresa di Calcutta...
Un singolo individuo, dunque, potrebbe trovare la pace per sè, spostandosi in un determinato ambiente o comunità (o isolandosi) e rendendo la sua vita coerente.
Ma esiste una risposta globale al male e all'ingiustizia? E quale responsabilità ha il singolo individuo sul cammino di tutti gli altri verso la giustizia e l'eliminazione del male? E, nodo fondamentale, il male è univoco?
E' possibile, anzi probabile, che la risposta a questi interrogativi sia fuori dalla portata della ragione. Io, però, non riesco ad accettare che possa non esserci una Strada unica e definitiva, sebbene tutti i ragionamenti mi portino a pensare che il male sia inestirpabile dal mondo. E, in questo contesto, avanza in modo preoccupante l'idea, di per sè devastante, che la ragione sia limitata e, a completarla, le religioni non siano altro che un rifugio che l'uomo e la sua mente creano per poter dare risposta al problema del male.
Per quel che mi riguarda ho sollevato un bel polverone e, ad oggi, non riesco a vederci un'acca.