mercoledì 31 ottobre 2007

Hasta la Vista!

Scrivo questa pagina su un computer con l'ultimo ritrovato di casa Microsoft: il famigerato Windows Vista!

Di primo acchito (a prima Vista, ah ah ah) non sembra un brutto sistema. E' colorato, ha una bella grafica, ha tante icone... ci sono un sacco si utility che cercano gli aggiornamenti, che proteggono il computer da qualsivoglia virus, spyware, malware, raffreddori, bronchiti e diavoli a quattro, ci sono tanti sfondi preimpostati, la musica precaricata, con Media Player che, a richiesta, può ricercare su internet informazioni sul brano, copertine dei dischi... E chissà quante cose ci sono che non ho ancora scovato.

Ma quanto "costa" tutto ciò?
Sicuramente c'è un tempo di caricamento del sistema che è il più lungo mai visto.
Poi, ogni volta che vuoi installare un programma e lanciare degli eseguibili, la protezione ti chiede se sei sicuro e se il software ha una provenienza non sospetta. Spero si possa disabilitare questa opzione, altrimenti sarebbe davvero uno strazio...
Poi ci sono un sacco di programmi che non sono compatibili con il nuovo sistema.
Insomma, facendo una prima valutazione, mi viene da dire che Vista sia un sistema "carino", ma non del tutto funzionale o, almeno, non adatto a uno come me, abituato ad ambienti decisamente più spartani (questa, almeno, è la versione educata).

Ho dunque chiesto informazioni al sistemista dell'ufficio dove lavoro, il quale mi ha dato una panoramica non proprio entusiasmante.
Innanzitutto ha rimarcato le osservazioni che ho appena fatto su pachidermicità e lentezza, tali da ridimensionare facilmente anche certi computer con memorie mostruose, come se ne trovano in commercio oggi.
Poi mi ha fatto notare che nella maggior parte dei casi, il sistema, già installato, non viene fornito con il solito CD o DVD di accompagnamento. E allora dove sta questo benedetto software, del quale si è pagata regolare licenza? ...ovvio, sta nella partizione fantasma del tuo disco rigido!
Quindi, per ricapitolare, il 99% dei computer (dei portatili, se non altro) viene venduto con Vista già installato; non viene fornito un CD, ma si occupa una ventina di Giga del disco rigido che tu hai pagato per intero (e per inciso un CD verrebbe a costare al costruttore del computer solo qualche centesimo).
Se allora qualcuno non apprezza Vista, perché non lo cancella e non installa qualcosa d'altro?
Sempre il mio amico sistemista mi ha detto come si dovrebbe fare... e mi è scappata la voglia solo a pensarci.
Per prima cosa si dovrebbe formattare il disco C. Ma non è detto che basti, infatti se la "partizione fantasma" è posizionata fisicamente prima di C, occorre cancellare l'intero disco rigido. Poi si deve installare il sistema che più si preferisce e dunque i driver di tutte le periferiche. Ho dimenticato di dire che il costruttore di computer portatili rende disponibili in rete i driver per i suoi prodotti...peccato che siano solo driver per Windows Vista!!! Ciò che serve potrebbe essere reperibile sui siti dei singoli costruttori delle singole periferiche. Si può allora cercare facilmente i driver...solo dopo aver fatto il censimento delle periferiche presenti nel computer.
Il tutto sembra in ordine, però non è detto che dopo questa procedura estenuante, il tutto funzioni bene. E' allora meglio, prima di imbarcarsi in una simile impresa, fare una copia del proprio disco rigido, così da avere la possibilità, in caso di fallimento, di ripristinare ciò che c'era prima. Un particolare: oggi i dischi sono grandi almeno 100 Giga, e si deve trovare un posto dove parcheggiare la copia (di uguale dimensione) mentre è in corso la "bonifica" del computer.

Fatto sta che dopo questa descrizione intricata, che potrebbe anche essere poco comprensibile (e nel caso me ne scuso), sono arrivato alla conclusione che è assai meno faticoso imparare a convivere con Vista; d'altra parte l'essere umano si abitua pressoché a tutto.

Resta il fatto che installare Vista in quasi tutti i nuovi computer, posizionando il sistema in una parte occultata della memoria (che, ribadisco, è stata pagata per intera, insieme alla licenza di Vista) e costringendo a simili peripezie nel caso si volesse cambiare il sistema operativo, mi sembra proprio una violenza degna di un regime dittatoriale, al quale il mondo del software sta somigliando sempre più.

Alternative ce ne sono: andare a cercare con il lanternino quelle serie opzionali di computer che il fabbricante vende senza nessun programma installato al loro interno, oppure comprare un costoso Mac, che comunque ha il suo proprio sistema operativo preimpostato e pure imposto dal costruttore (anche se per ragioni diverse e forse più razionali).

Perché il mondo informatico non si ribella? Apatia? Quieto vivere? Paura di tempi biblici per avere uno straccio di sentenza dell Antitrust?
...o forse è come nel dialogo che ho ricopiato su queste pagine tempo fa (tratto da Neon Genesis Evangelion): si accetta una restrizione della libertà pur di avere ansie in meno dovute alla troppa libertà: scegliere un sistema operativo, installarselo, tenerne da parte una copia nel caso un domani servisse, tenere una copia dei driver delle periferiche e dei programmi principali, cercare gli aggiornamenti...insomma, USARE IL COMPUTER...

martedì 16 ottobre 2007

Il pendolo di Foucault (Umberto Eco)

Fummo interrotti da un tipo di una quarantina d'anni, che portava una giacca di alcune misure più ampia, pochi capelli biondo chiari che gli ricadevano su due sopracciglia folte, altrettanto gialle. Parlava in modo soffice, come se educasse un bambino.
"Mi sono proprio stancato di quel Vademecum del Contribuente. Dovrei riscriverlo tutto e non ne ho voglia. Disturbo?"
"E' Diotallevi," disse Belbo, e ci presentò.
"Ah, è venuto a vedere i Templari? Poverino. Senti, me ne è venuta in mente una buona: Urbanistica Tzigana."
"Bella," disse Belbo ammirato. "Io stavo pensando a Ippica Azteca."
"Sublime. Ma questa la metti nella Poziosezione o negli Adynata?"
"Adesso dobbiamo vedere," disse Belbo. Frugò nel cassetto e ne trasse dei fogli. "La Poziosezione..." Mi guardò, notando la mia curiosità. "La Poziosezione, lei m'insegna, è l'arte di tagliare il brodo. Ma no," disse a Diotallevi, "la Poziosezione non è un dipartimento, è una materia, come l'Avunculogratulazione Meccanica e la Pilocatabasi, tutti nel dipartimento della Tetrapiloctomia."
"Cos'è la tetralo..." azzardai.
"E' l'arte di tagliare un capello in quattro. Questo dipartimento comprende l'insegnamento delle tecniche inutili, per esempio l'Avunculogratulazione Meccanica insegna a costruire macchine per salutare la zia. Siamo incerti se lasciare in questo dipartimento la Pilocatabasi, che è l'arte di scamparsela per un pelo, e non pare del tutto inutile. No?"
"La prego, adesso mi dica che cos'è questa storia..." implorai.
"E' che Diotallevi, e io stesso, stiamo progettando una riforma del sapere. Una Facoltà di Irrilevanza Comparata, dove si studino materie inutili o impossibili. La facoltà tende a riprodurre studiosi in grado di aumentare all'infinito il numero delle materie irrilevanti."
"E quanti dipartimenti ci sono?"
"Per ora quattro, ma potrebbero già contenere tutto lo scibile. Il dipartimento di Tetrapiloctomia ha funzione preparatoria, tende ad educare al senso dell'irrilevanza. Un dipartimento importante è quello di Adynata o Impossibilia. Per esempio Urbanistica Tzigana e Ippica Azteca... L'essenza della disciplina è la comprensione delle ragioni profonde della sua irrilevanza, e nel dipartimento di Adynata anche della sua impossibilità. Ecco pertanto Morfematica del Morse, Storia dell'Agricoltura Antartica, Storia della Pittura nell'Isola di Pasqua, Letteratura Sumera Contemporanea, Istituzioni di Docimologia Montessoriana, Filatelia Assiro-Babilonese, Tecnologia della Ruota negli Imperi Precolombiani, Iconologia Braille, Fonetica del Film Muto..."
"Che ne dice di Psicologia delle folle nel Sahara?"
"Buono," disse Belbo.
"Buono," disse Diotallevi con convinzione. "Lei dovrebbe collaborare. Il giovanotto ha della stoffa, vero Jacopo?"
"Sì, l'ho capito subito. Ieri sera ha costruito dei ragionamenti stupidi con molto acume. Ma continuiamo, visto che il progetto le interessa. Che cosa avevamo messo nel dipartimento di Ossimorica, che non trovo più l'appunto?"
Diotallevi si tolse di tasca un foglietto e mi fissò con sentenziosa simpatia: "In Ossimorica, come dice la parola stessa, conta l'autocontraddittorietà della disciplina. Ecco perché Urbanistica Tzigana secondo me dovrebbe finire qui..."
"No," disse Belbo, "solo se fosse Urbanistica Nomadica. Gli Adynata riguardano un'impossibilità empirica, l'Ossimorica una contraddizione in termini."
"Vedremo, Ma cosa avevamo messo nell'Ossimorica? Ecco, Istituzioni di Rivoluzione, Dinamica Parmenidea, Statica Eraclitea, Spartanica Sibaritica, Istituzioni di Oligarchia Popolare, Storia delle Tradizioni Innovative, Dialettica Tautologica, Eristica Booleana..."
Ormai mi sentivo sfidato a mostrare di che tempra fossi: "Posso suggerirvi una Grammatica della Devianza?"
"Bello, bello!" dissero entrambi, e si misero a prender nota.
"C'è un punto," dissi.
"Quale?"
"Se voi rendete pubblico il progetto, si presenterà un sacco di gente con pubblicazioni attendibili."
"Te l'ho detto che è un ragazzo acuto, Jacopo," disse Diotallevi. "Ma sa che questo è proprio il nostro problema? Senza volerlo abbiamo tracciato il profilo ideale di un sapere reale. Abbiamo dimostrato la necessità del possibile. Quindi occorrerà tacere. Ma ora debbo andare."

martedì 2 ottobre 2007

Il coraggio

Che cos'è il coraggio? Perché si dovrebbe essere coraggiosi? Che male c'è nel non esserlo?

Una frase attribuita a Tucidide dice: "Sicuramente i più coraggiosi sono coloro che hanno la visione più chiara di ciò che li aspetta, così della gloria come del pericolo, e tuttavia l'affrontano".

In prima battuta mi sento in accordo con questo punto di vista. I requisiti che ne emergono sono, innanzitutto, l'aver coscienza delle situazioni e di sè e la responsabilità di ciò che si sceglie e si attua.
Entrambi mi sembrano approcci positivi. Soprattutto è importante la responsabilità ("...e tuttavia l'affrontano"), che fa parte del vivere in maniera adulta. Poi c'è la capacità di osservare in maniera critica ciò che ci sta intorno e ciò che c'è dentro noi stessi ("...hanno la visione più chiara di ciò che li aspetta...").
Prima domanda: la responsabilità la si ha o la si impara? Probabilmente tutte e due: dipende da come si cresce e dalla storia personale. Credo che lo stesso valga per la capacità di critica.
Ovviamente entrambe non sono semplici da imparare e ognuno sviluppa un proprio metro per osservare e con cui formulare e valutare la propria risposta.
Ne consegue dunque che il coraggio lo si possa imparare e coraggiosi lo si possa diventare.

Ma è meglio essere coraggiosi o è meglio non esserlo? Oppure è uguale? Perché? C'è una convenienza o è una questione morale? ...quante domande!

Francesco Guccini, nella canzone "Don Chisciotte", canta:

"Salta in piedi, Sancho, è tardi
non vorrai dormire ancora,
solo i cinici e i codardi
non si svegliano all'aurora:
per i primi è indifferenza
e disprezzo dei valori
e per gli altri è riluttanza
nei confronti dei doveri."

Da queste parole sembrerebbe che il coraggio sia un dovere.

Guccini non è certo La Verità, tuttavia spesso le persone sensibili, artisti e poeti, hanno una visione particolarmente ispirata e possono concorrere a creare gli ideali che, tanto per usare un'altra citazione, "sono come la stella polare: è irraggiungibile, ma indica la retta via".

Io non so se si debba essere coraggiosi, ma certo è significativo anche il modo con cui ci si esprime: SI DEVE/DOVREBBE essere coraggiosi, mentre SI PUO'/POTREBBE essere codardi.
Si attribuisce, cioé, un merito al coraggio e si vorrebbe non attribuire un demerito alla codardia. Sembra uno di quei modi che si trovano per autogiustificarsi o per dare conforto alle proprie miserie.
Saltando ad un argomento completamente diverso, questo mi fa pensare al problema religioso e mi suscita lo stesso effetto dell'idea di essersi creati un dio e una religione per trovare conforto in una vita difficile e non comprensibile.

Sono quanto mai confuso... questo è solo un "pensiero ad alta voce" e non ho certo la presunzione di trovare delle risposte o di affrontare un problema nel modo giusto.

Libertà Semplificazione Realtà

(da Neon Genesis Evangelion)

"Che cos'è questo? Un mondo dove non c'è niente? Un mondo dove non c'è nessuno? Il mondo della libertà. Libertà. Il mondo della libertà che non viene limitata da alcuno. Questa è la libertà? Esatto! Il mondo della libertà."

"Per contro non vi è nulla."
"Finchè io non penso."
"Esatto. Finchè tu non pensi."
"Non può essere. Io non so cosa devo fare."
"Provi ansia, vero?"
"Non hai immagine di te stesso, vero?"
"E' tutto troppo vago."
"E' un mondo dove non si può afferrare nulla."

Tale è la libertà.

"E' un mondo in cui puoi fare ciò che vuoi."
"Eppure tu provi ansia, vero?"
"Non capisci che cosa devi fare, vero?"
"Che cosa devo fare?"
"Ti darò una non libertà."
"Guarda, con questo sono nati il sopra e il sotto."
"Però con questo è sparita una libertà."
"Ora sei costretto a stare in piedi sul sotto."
"Però questo ti tranquillizza, perché il tuo animo ha ottenuto una semplificazione. E così puoi camminare."
"Tale è una tua volontà."
"La mia volontà? Sarebbe questo?"
"Il mondo che ti circonda è il mondo in cui esistono il sopra e il sotto."
"Ma in questo tu puoi camminare liberamente."
"E se lo volessi potresti anche cambiare la posizione del mondo."
"Quindi, anche la posizione del mondo non resta sempre la stessa."
"E' qualcosa che muta nello scorrere del tempo."
"E anche tu stesso puoi cambiare."
"Poichè a dare forma a te stesso sono il tuo stesso animo e il mondo che lo circonda."
"D'altronde questo è il tuo mondo. E' la forma della realtà che tu recepisci."

Tale è la realtà.